
Non è l’american dream a spingere i nostri migranti a raggiungere le coste americane. Pertanto per comprendere il fenomeno è necessario farsi due domande. Chi erano i migranti? Perché erano disposti a rischiare la propria vita, e quella dei propri cari, viaggiando in condizioni disumane nelle terze classi dei transatlantici per circa due settimane? Tutto ha inizio nel 1892 con la repressione della autorità italiane dei fasci siciliani, un movimento di protesta composto da braccianti agricoli affamati di terra, minatori e operai sfruttati e malpagati. Il governo Crispi, con il benestare del Re Umberto I, reprime, a seguito di un deciso intervento militare, nel sangue il movimento. Questa repressione, che creò una seconda forte ondata migratoria, si trasformò in un lucroso affare per la mafia agraria siciliana e le bande criminali già presenti nel territorio americano. Intanto, per pagare il biglietto, i poveri migranti furono costretti ad ipotecare il loro fondo agricolo. Com’è facile intuire, furono davvero pochi quelli che riusciranno a riscattare la terra che finirà nella mani della mafia rurale.

La storia dell’emigrazione fu ricca di tragedie individuali e collettive, sfruttamento, schiavismo, incidenti sul lavoro che provocarono stragi. Una delle più tragiche avvenne il 6 dicembre 1907, nella miniera di carbone di Monongah, West Virginia. Una serie di esplosioni, avvenute all’interno delle gallerie n°6 e n°8, uccisero almeno 362 minatori di cui 171 le vittime “ufficiali” italiane. Il numero delle vittime non fu mai stabilito con precisione poiché solo un terzo dei lavoratori era registrato, alcuni di loro erano appena dei ragazzi.
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