
I crimini per cui fu sospettata la banda Morello furono numerosi e vari. La gran parte di questi non furono scoperti ma tre omicidi furono inizialmente attribuiti alla prima famiglia mafiosa di New York. In realtà in tutti e tre i casi le accuse non reggendo nei tribunali finirono per scagionare gli appartenenti alla consorteria. In questo podcast ci occuperemo di due dei tre fatti di sangue. Del terzo, ovvero, quello che giungerà sino a nostri giorni come il “Caso del delitto del barile” ci occuperemo in un altro podcast in maniera molto approfondita.
Partiamo da ciò che avvenne il 23 luglio 1902. Intorno alle 20,00 quattro ragazzi andarono a nuotare al Bay Bridge, sulla 73esima strada. Dopo essersi immersi e aver nuotato e scherzato, uno dei ragazzi notò un sacco di patate a pochi metri dalla banchina. I ragazzi curiosi, sperando di trovare qualcosa di utile, squarciarono il sacco con un temperino facendo una macabra scoperta. All’interno vi era un cadavere che presentava, legate con una corda, le caviglie contro il sedere e presentava una profonda ferita alla gola che andava da un orecchio all’altro. L’uomo era visibilmente dissanguato. Era evidente che per uccidere un uomo così forte era stato necessario il concorso di due o più uomini. Successivamente gli investigatori, allertati dai ragazzi, trovarono un altro sacco con all’interno i vestiti insanguinati della vittima. Dopo aver identificato il nome del cadavere ovvero Giuseppe Catania, gli investigatori andarono a consultare il dossier che lo riguardava. Si trattava di un droghiere di Brooklyn, con bottega al 165 di Columbia Street. Era fisicamente aitante e muscoloso tanto che si diceva possedere la forza di due uomini. La moglie e i sei figli riferirono ai poliziotti che li interrogavano che il congiunto mancava da casa da due giorni e che non aveva nemici. All’inizio la polizia teorizzava che Giuseppe Catania poteva essere stato vittima di una vendetta. In effetti era stato testimone di un processo per omicidio in Sicilia, sfociato nell’arresto di due imputati. Si suppone anche che l’omicidio sarebbe stata la conseguenza di una lite tra siciliani. Queste piste non portarono a nulla di concreto. L’unico dato investigativo di rilievo fu la circostanza che l’ultima volta che Giuseppe Catania fu visto da vivo si trovava a Manhattan, in compagnia di Lupo detto Wolf, per il disbrigo di alcune pratiche presso l’ufficio delle dogane. Questo chiaramente non era un particolare di poco conto.
Furono ancora una volta i Servizi Segreti, diretti dal tenace William Flynn a dare una svolta alle indagini. Un anno dopo l’omicidio, Salvatore Clemente, informatore dei servizi, e appartenente alla banda dei Frauto, rivelò che Giuseppe Morello e Domenico Pecoraro furono i responsabili di quell’omicidio. Gli investigatori federali si convinsero che Catania fosse un membro della banda Morello e proprio nel suo esercizio commerciale si spacciassero dollari falsi. Il problema di Catania era l’alcolismo infatti una volta ubriaco parlava troppo. Ciò lo rese inaffidabile agli occhi del capo. Morello non gli diede neanche un avvertimento e decise di sopprimerlo. Non poteva permettere che un elemento della sua banda potesse, disobbedendo alla rigida disciplina imposta alla cosca mafiosa, dopo aver bevuto riferire sull’attività criminale. Queste violazioni avrebbero potuto portare a conseguenze nefaste per l’intera associazione a delinquere. Inoltre, l’efferato delitto con il ritrovamento della vittima quasi decapitata e infilato legato all’interno di un sacco abbandonato in un luogo frequentato, erano un chiaro segnale da inviare al resto della banda per far comprendere la fine che sarebbe toccata a chi disobbediva agli ordini del capo dei capi Morello.
Nonostante questi accertamenti, la polizia non ebbe mai prove a sufficienza per giustificare un’azione penale contro i componenti della banda o su singoli elementi.
Il nipote di Catania, Nicolò Testa, fu arrestato nel 1903 come testimone del processo ” Dell’omicidio del barile“.

Altra data significativa è quella del 20 febbraio 1908. Quel giorno fu fatta una tetra scoperta a Brooklyn. Il corpo di Salvatore Marchionne fu trovato morto in conseguenza di una serie di ferite da taglio diffuse in tutto il corpo e con il naso e la lingua amputati. In una delle tasche fu rinvenuto un biglietto indirizzato a tale Antonio Ganci.Il messaggio riportava la seguente dicitura: “I tempi sono duri qui, ora in Palermo. Porta i miei saluti a Fanaro. Ricorda una cosa ATTENZIONE!” La nota era stata scritta da un uomo chiamato Cataldo che viveva in Sicilia. I giornali, a causa del l’efferatezza, accostarono questo caso di omicidio a quello del delitto del barile. Il 22 febbraio si presentò alla stazione di polizia di Hamilton Avenue tale Antonio Ganci un falsario che fu tratto in arresto. Egli diede una giustificazione in merito al ritrovamento della sua lettera nella tasca di Marchionne. Egli affermò che la vittima non era in grado di leggere, e spesso egli lo aiutava a leggere la sua posta. Pertanto fu arrestato Giuseppe Fanaro, cognato di Ganci nonché organico alla alla consorteria di Morello. Fanaro dichiarò di essere uno scaricatore di porto che lavorava a Brooklyn per una società che importava frutta. Nessuna accusa gli fu mossa e pertanto fu scarcerato. Si avanzò l’ipotesi che Marchionne fosse stato ucciso dalla mafia, in relazione a un caso di omicidio in Sicilia, appena quest’ultimo fosse giunto in America. Nel novembre 1913 , Fanaro mentre tornava a casa fu aggredito da quattro uomini. Trasportato in ospedale moriva a seguito delle ferite.
di Fabio Fabiano
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