
Il personaggio sul quale ruota questo caso è Antonio Comito. Nato nel 1880 a Catanzaro, prima di emigrare a New York, nel giugno 1907, aveva lavorato come tipografo. Una volta giunto negli Stati Uniti d’America andava ad abitare al numero 72 di James Street. Trovava lavoro come tipografo in una stamperia in Park Row. Comito, nonostante fosse sposato in Calabria, a New York viveva assieme a una compagna di nome Katrina Pascuzzo. Il tipografo calabrese venne anche nominato vice presidente di una società chiamata “Figli d’Italia”. Si trattava di una associazione a tutela e sostegno degli immigrati italiani appena arrivati in America. Tramite i componenti di questa società veniva in contatto con Antonio Cicala. Quest’ultimo si presentò al calabrese come un siciliano che lo avrebbe fatto lavorare presso una sua tipografia di Filadelfia a venti dollari al giorno. Il 7 novembre 1908 i due uomini si diedero appuntamento nei pressi del ponte di Brooklyn. Assieme andarono ad acquistare macchine e materiale per effettuare delle stampe. Furono in compagnia di un terzo uomo di nome Antonio Milone, da molto tempo legato alla banda Morello. Nel 1902 Milone fu tra i soci fondatori della cooperativa Ignatz Florio. In Nassau Street i tre acquistarono materiale da un negozio di fotografie. Comito propose agli altri due di acquistare una macchina per stampare dalla vecchia tipografia dove lavorava per $ 25 così come gli avevano chiesto gli altri due. I primi dubbi su quella nuova proposta di lavoro li ebbe quando acquistarono il materiale fotografico. Comito e la compagna Katrina Pascuzzo iniziarono ad avere delle grosse perplessità sulla proposta dei siciliani. In effetti aveva sentito parlare della Mano Nera ed era stato avvisato dai parenti che vi erano uomini malvagi capaci di qualsiasi nefandezza. Nonostante i dubbi e le perplessità, non avendo un’occupazione che gli permettesse di sopravvivere e attratti dalla sostanziosa paga i due accettarono l’incarico e di recarsi a Filadelfia per iniziare il nuovo lavoro. L’undici novembre dello stesso anno Cicala si presentava a casa di Comito con due uomini. Il primo era alla guida di un carro.

Si trattava di un giovane italo americano di nome Nick Sylvester. Amico dei giovani fratelli Terranova ed ex dipendente del fallito negozio di Mott Street di Ignazio Lupo. Il secondo era Salvatore Cinà, che Cicala presentò come suo “Padrino”. Cinà era un trentacinquenne calvo, anche lui siciliano, con una stretta di mano vigorosa. I tre uomini caricarono insieme la nuova macchina da stampa sul carro insieme agli effetti personali di Comito e della compagna. I quattro uomini, insieme alla donna, salirono a bordo del traghetto attraccato al molo 24 per iniziare il viaggio che da New York li avrebbe portati a risalire il fiume Hudson. I sospetti di Comito iniziarono ad aumentare nel momento in cui si accorse che sul bagaglio vi era un talloncino che segnava la destinazione di Highland N.Y. e non quella di Filadelfia. Cinà si giustificò con i due riferendo che quella segnata era una tappa intermedia. Tra mille dubbi e preoccupazioni la coppia assieme a quattro brutti ceffi giunsero in nottata nella località di Highland. Le condizioni atmosferiche erano durissime. Il terreno era ricoperto da una patina di ghiaccio e soffiava un freddo gelido misto a neve. Highland era un piccolo paesino agricolo a ottanta chilometri dal fiume Hudson. Da lì proseguirono verso sud sino a raggiungere un’azienda agricola di proprietà di Salvatore Cinà. La fattoria era inserita dentro un appezzamento di terra di 42 acri, all’interno del quale vi erano con due case, tre fienili e una stalla. Alla fattoria Comito venne presentato a Vincenzo Giglio un mafioso di Tampa. Cinà fece ritorno a New York e Comito e Katrina soggiornarono per un mese presso la fattoria di Cinà, vivendo in un secondo edificio, a poca distanza dalla casa principale. In seguito Cinà e Giglio li accompagnarono in un altro edificio a cinque miglia di distanza chiamato “Calhoun Farm”. La casa in pietra era squallida, fredda e arredata solo con due letti. I due non rimasero mai da soli perché arrivarono altri due uomini che di fatto li sorvegliavano. Il mattino seguente giunse un carro trainato da un cavallo e un uomo consegnò viveri di buona qualità sufficienti per almeno due mesi. La dispensa fu riempita di maccheroni, olio, salsa di pomodoro e pesce affumicato. Ciò angosciò ulteriormente Comito che intuì sarebbe dovuto restare, anche contro la sua volontà, all’interno di quella abitazione. Scappare sarebbe stato impossibile. I Due non possedevano l’abbigliamento e i soldi per fuggire da quel posto sperduto e disabitato in mezzo alla foresta. Era da questa fattoria che la banda avrebbe iniziato la sua opera di stampa di banconote false. Della contraffazione Comito sino a qual momento non sapeva nulla. I due rimasero soli nella fattoria, sino alla feste di natale.

Intanto Antonio Milone, colui che che aveva acquistato l’attrezzatura fotografica, a New York sulla 237 th Street, si impegnava a realizzare un set di lastre da stampa per la banda. Realizzare le lastre contraffatte era un processo lento e noioso, ma altamente qualificato. Milone riusciva, tra mille difficoltà, a creare i clichè per le banconote a cinque colori dei $ 5 canadesi e quelli per una banconota a tre colori di $ 2 americani. I biglietti contraffatti da due dollari americani, per l’uso corrente, erano facili da spendere. Quelli da $ 5 essendo canadesi erano altrettanto facili da spacciare poiché gli statunitensi avevano poca familiarità con questa banconota e non avevano all’interno la filigrana che era invece presente nei dollari americani. Antonio Milone impiegò mesi per completare le lastre per la stampa che furono pronte intorno la metà del dicembre 1908.

Era il 15 dicembre quando Comito sembrava aver perso tutte le speranze di fuggire, considerato che ancora non sapeva il motivo per il quale quegli uomini dall’aspetto così truce lo avevano rilegato assieme alla sua compagna in quel luogo sperduto e isolato. Fu proprio quel giorno che nonostante tutto il tipografo Calabrese rivide con molto piacere Cinà e Cicala dietro la porta. Giunsero con molte altre provviste e con degli oggetti misteriosi avvolti in un panno. I tre uomini si riunirono nella stanza dove era presente la macchina tipografica. Cicala tolse il panno che avvolgeva gli oggetti e mostrò a Comito i clichè per la stampa di banconote e false e svelò il segreto che aveva ricoperto quella operazione sino a quel momento. Comito in un primo momento cercò di ribellarsi. Non aveva certo intenzione di contribuire a quell’attività criminosa. Per dissociarsi espose che non era in grado di eseguire quel lavoro poiché non aveva le conoscenze tecniche per stampare banconote false. A quel punto i due criminali uscirono al naturale e Cicala lo minacciò di ucciderlo senza mezzi termini e di seppellirlo nel bosco dove nessuno lo avrebbe mai trovato. Comito spiegò che i cliché erano troppo piccoli per essere inseriti nella macchina tipografica e che necessitava un supporto. A quel punto Cicala gli svelò nella sua interezza il progetto criminale dell’associazione.
Siamo venti di noi che hanno organizzato questo affare. Altri, più in alto, in luoghi famosi ne sono informati. Riceveranno la loro parte. Se qualcosa dovesse andare storto ci mettessimo nei guai, ci saranno migliaia di dollari per pagare gli avvocati e saremo liberati. Ti rispetteremo come uno di noi e Katrina sarà tratta con riguardo. Quando avremo guadagnato milioni, verrà mandata in Italia con i suoi soldi. Ma tu, don Antonio, resterai con noi per tutta la vita. Siamo potenti, più grandi di quanto immagini. Saprai forse, più tardi, delle tante ramificazioni della nostra società, e come è possibile per noi iniziare delle faccende in una parte del paese o del mondo e far svolgere l’altra metà della faccenda così lontano che nessuno potrà mai sospettare di noi. Quando si sarà fatta un’idea vaga della nostra organizzazione sarà felice di farne parte.

Il siciliano spiegò dettagliatamente quale sarebbe stato il loro compito mostrando la carta da stampa e un inchiostro verde adatto a stampare le banconote canadesi. Il tipografo, considerato lo stato di necessità in cui si trovava, non avendo altra via d’uscita, rassicurò i due siciliani che avrebbe fatto del suo meglio per stampare le banconote false.
di Fabio Fabiano